Enrico Ghelardi Shanti Project

PEACE FOR EARTH

Enrico Ghelardi bass clarinet, soprano sax, flute, bass recorder
Pierpaolo Principato piano
Stefano Cantarano bass
Massimiliano De Luca drums, percussions
  1. Shakti Dance 09:35
  2. Offering 09:34
  3. Silent Song 07:07
  4. Om Namah 06:17
  5. The Call 06:30
  6. Pranam 08:10
  7. Peace for Earth 05:04
  8. Diwali 05:59

Nel giardino della musica si ammirano imponenti piante, alte e rigogliose, una soffice erba e tanti fiori dai mille colori, di diversa grandezza e profumo. Ogni fiore contribuisce, con le sue caratteristiche, allo splendore del prato, che si riflette nello splendore dell’universo.
A me piace pensare alla mia musica come ad un fiore che apre i suoi petali verso l’alto, nutrendosi della luce che dall’alto scende, e inviando verso il cielo la propria vibrazione, come fosse una preghiera.
Peace for earth, pace per la terra e per tutti gli esseri che vi dimorano, è l’essenza della preghiera, perché solo l’albero della pace produce i benefici frutti di cui l’umanità ha bisogno, i frutti della gentilezza, della concordia, del perdono, del rispetto per tutti gli esseri viventi e dell’ambiente, in una parola dell’amore universale.
Peace for earth, pace per la terra, allora; e ciò significa pace per il cuore e la mente, perché solo pacificando il cuore e la mente possono essere estirpate le velenose piante infestanti della rabbia, della feroce conflittualità e dell’odio, che tanta sofferenza generano.
Che questa musica contribuisca a produrre, dunque, armoniose vibrazioni di pace e serenità nel cuore e nella mente di chi ascolta, come in una meditazione guidata; che possa contribuire, con i propri colori, al meraviglioso affresco di cui siamo parte.

Ho scritto Peace for earth, il brano che dà il titolo al cd, una invocazione di pace per Madre Terra, prima che scoppiasse la pandemia, ma il destino ha voluto che questo cd uscisse in tempi di Corona virus, in un periodo così particolare per tutta l’umanità, un periodo in cui un male oscuro percorre, come un’onda invisibile, tutto il pianeta, provocando sofferenze e lutti, e lasciando una scia di rovine economiche.

Ai miei occhi questa pandemia, al pari dei disastri naturali che da tempo si susseguono con grande frequenza, appare come la reazione di un meraviglioso pianeta alla arroganza di uomini folli, uomini che non esitano a minare la terra su cui poggiano i loro stessi piedi, inquinando e distruggendo interi ecosistemi.  I nostri fratelli minori, gli animali, vengono privati del loro habitat, e costretti a vivere, a milioni, una breve vita di sofferenze negli allevamenti intensivi, imbottiti di medicinali, per poi finire sulle nostre tavole, dove ci trasmettono il loro dolore e le loro malattie.

Alla scarsa qualità del cibo si aggiunge l’inquinamento dell’aria, dei terreni, dei fiumi e dei mari, e uno stile di vita miope, fondato sulla continua ricerca di un benessere materiale troppo spesso privo di qualità morale e spirituale, indifferente alle suggestioni dell’arte e della cultura. Il consumo lentamente ma inesorabilmente finisce per consumare le nostre energie, le disuguaglianze economiche e culturali vengono accettate in nome del profitto e del denaro, la mancanza di attenzione e compassione per chi resta indietro chiude i nostri cuori e inaridisce l’anima, i conflitti si risolvono con la guerra e la violenza.

Ecco allora che l’umanità genera forze autodistruttive, fuori di sé e dentro di sé, ed a queste si unisce il crollo delle difese immunitarie dovuto allo stile di vita e all’avvelenamento dell’anima. E sopravviene la malattia.

Tuttavia la malattia, anche se genera sofferenza, talvolta è utile, perché, costringendoci ad un riposo forzato, ci dà modo di rivedere ciò che dentro di noi e fuori di noi è opportuno cambiare, per poter vivere in modo più equilibrato e gentile.

Approfittiamo allora di questa circostanza difficile per crescere nella saggezza e nella consapevolezza, per capire cosa  avvelena i nostri corpi e le nostre menti, e per spingere la nostra esistenza verso una nuova evoluzione spirituale e materiale. Siamo ancora in tempo e ne abbiamo le capacità, se l’idea di un nuovo mondo più equo, solidale e rispettoso della natura, degli esseri umani e degli animali si consolida nella nostra mente.

Che la pace, invocata nel titolo di questo cd, grazie ad una nuova consapevolezza possa scendere sulla terra e nei nostri cuori. 

Enrico “Eakadev” Ghelardi

Grazie!

Un grazie particolare a Pierpaolo Principato, Steve Cantarano e Max De Lucia, valorosi compagni di viaggio  che mi hanno da lungo tempo accompagnato su sentieri musicali talora diversi, sempre apportando, con il loro talento, un contributo determinante alla riuscita del viaggio.
Un grazie ad Alessandro Guardia per il sapiente lavoro di registrazione e mixaggio ed a Fabrizio Salvatore ed AlfaMusic per avere dato realtà a questo progetto. 
Un grazie infine al Divino per avermi dato la possibilità di cercare me stesso e di esprimermi  anche attraverso la musica, portando il mio fiore nel grande prato della vita.

Di seguito le recensioni del CD

 

di Francesco Cataldo Verrina

Da quando il rock ha cessato di esistere, trasformandosi in pop usa e getta e sbriciolandosi nel pattume da airplay radiofonico, salvo qualche rara eccezione underground, spetta al sempre e solo al jazz richiamare l’attenzione sulle grandi problematiche sociali ed ambientali. Il jazz è voce quanto mai autorevole nel creare forti suggestioni cariche di contenuti e d’impegno «militante», pur non facendo quasi mai ricorso all’uso del testo e della parola per denunciare e raccontare. «Peace For Earth», il nuovo album dell’Enrico Ghelardi Shanti, pubblicato da Alfa Musica, a detta del fautore nasce sotto tali auspici: «Ho scritto «Peace For Earth», il brano che dà il titolo all’album, una invocazione di pace per Madre Terra, prima che scoppiasse la pandemia, ma il destino ha voluto che questo lavoro uscisse in tempi di Corona virus, in un periodo così particolare per tutta l’umanità, un periodo in cui un male oscuro percorre, come un’onda invisibile, tutto il pianeta, provocando sofferenze e lutti, e lasciando una scia di rovine economiche

Il disco si muove attraverso una narrazione sonora, talvolta delicata e floreale, altre onirica e sospesa, perché come sostiene il sassofonista/clarinettista leader: «A me piace pensare alla mia musica come ad un fiore che apre i suoi petali verso l’alto, nutrendosi della luce che dall’alto scende, e inviando verso il cielo la propria vibrazione, come fosse una preghiera». Qui subentra un altro degli elementi tipici del jazz, ossia quella componente «spirituale», che sfugge ad ogni altra forma di manifestazione musicale contemporanea. La musica di Ghelardi contiene una notevole dose di universalismo e panteismo, che affonda le radici in alcuni assunti coltraniani. Le parole del musicista pisano sono alquanto eloquenti: «L’umanità genera forze autodistruttive, fuori di sé e dentro di sé, ed a queste si unisce il crollo delle difese immunitarie dovuto allo stile di vita e all’avvelenamento dell’anima. E sopravviene la malattia. Tuttavia la malattia, anche se genera sofferenza, talvolta è utile, perché, costringendoci ad un riposo forzato, ci dà modo di rivedere ciò che dentro di noi e fuori di noi è opportuno cambiare, per poter vivere in modo più equilibrato e gentile».

L’album contiene otto componimenti originali scritti da Ghelardi ed eseguiti con estrema perizia tecnica, ma capaci di raggiungere subito al primo impatto il nucleo emotivo della narrazione sonora. Pierpaolo Principato al pianoforte, Stefano Cantarano al contrabbasso e Massimiliano De Lucia alla batteria e percussioni condividono pienamente gli assunti basilari dell’album ed agiscono come un corpo unico, pur esprimendo creatività ed inventiva personale, ma senza mai calcare la mano. Nessuno è alla ricerca di protagonismo, non ci sono impennate virtuosistiche o manierismo, ma una collegialità sincrona, in modo che «la musica contribuisca a produrre, dunque, armoniose vibrazioni di pace e serenità nel cuore e nella mente di chi ascolta, come in una meditazione guidata; che possa contribuire, con i propri colori, al meraviglioso affresco di cui siamo parte», come sostiene lo stesso Ghelardi, che oltre ad essere molto ispirato a livello compositivo ed esecutivo, riesce ad accompagnare il suo progetto seguendo una sorta di filosofia dematerializzata da banali elementi terreni: «Pace per la terra e per tutti gli esseri che vi dimorano, è l’essenza della preghiera, perché solo l’albero della pace produce i benefici frutti di cui l’umanità ha bisogno, i frutti della gentilezza, della concordia, del perdono, del rispetto per tutti gli esseri viventi e dell’ambiente, in una parola dell’amore universale. «Peace for Earth», pace per la terra, allora; e ciò significa pace per il cuore e la mente, perché solo pacificando il cuore e la mente possono essere estirpate le velenose piante infestanti della rabbia, della feroce conflittualità e dell’odio, che tanta sofferenza generano».

Il concept sonoro dell’album è distante dal classico costrutto posr-bop contemporaneo, ma si rifornisce di stimoli creativi guardando in ogni dove, arricchendosi di elementi della cultura popolare mediterranea ed incamerando sonorità orientali, del Nord e del Sud del mondo: il brano di apertura, «Shakti Dance» fortemente evocativo è una sorta di manifesto programmatico, dove è possibile cogliere echi dell’ultimo Coltrane o del Garbarek post-jarrettiano. Nei suoi nove minuti di peregrinazione per i quattro punti cardinali della musica, questa prima traccia descrive e condensa quanto accadrà nelle rimanenti sette. «Offering», sospinta da un incantevole flauto, sembra dischiudere scenari esotici che si accavallano in un’altra piccola odissea sonora che oltrepassa ancora la durata di nove minuti. «Silent Song» è una ballata dalle tinte soffuse e delicate, dotata di un ottimo impianto melodico, emotivo e descrivo al contempo. «Om Naham», riporta alla mente il Coltrane più etnico, anche se il costrutto sonoro si avvale di modus operandi molto più vicino alla fusion, dove le ritmiche guardano con interesse al continente afro-latino. «The Call», magnificata da un flauto esplorativo e fiabesco al contempo, si svolge attraverso una modalità che riporta in auge alcuni momenti del Don Cherry più etnico, mentre il piano fa pensare al miglior Dollar Brand. Il viaggio per le vie del mondo sposta la bussola in direzione Oriente con «Pranam», il cui titolo si riferisce al classico saluto indiano, mentre gli intrecci sonori sembrano descrivere le contraddizioni terrene e la forte spiritualità di quella lontana terra ricca di storia e tradizioni.

La title-track, «Peace for Earth» è una ballata che cammina come un ramingo viandante alla ricerca di un’altra verità, soprattutto sembra l’espressione in musica del pensiero di Ghelardi che dice: «Un grazie infine al Divino per avermi dato la possibilità di cercare me stesso e di esprimermi anche attraverso la musica, portando il mio fiore nel grande prato della vita», mentre il Coltrane di «Al Love Supreme», sia pure in un differente dimensione sonora, sembra fare ancora da guida. The last but not the least, «Diwali» suggella l’album caratterizzandosi come una delle tappe più suggestive dell’intero percosso sonoro. Anche qui il motivo ispiratore e l’India, il Diwali, Dipavali o Deepawali è una delle più importanti feste indiane che si svolge nel mese di ottobre e novembre, simboleggia la vittoria del bene sul male e viene detta anche «festa delle luci». In conclusione possiamo solo affermare che «Peace For Earth» di Enrico Ghelardi Shanti Projec è un album che brilla di un’intensa luce positiva

Francesco Cataldo Verrina

“…a very successful album by fantastic musicians not yet known to me, Italy has a rich jazz scene.” writes Jan van Leersum in rootstime.be about Enrico Ghelardi Shanti Project’s album ‘Peace For Earth’ (label: AlfaMusic; Benelux distribution: Xango Music).
Review: http://bit.ly/30fiQsx
CD: https://bit.ly/3tMolML

“… un album di grande successo di musicisti fantastici non ancora noti, l’Italia ha una ricca scena jazz.” scrive Jan van Leersum in tempo di radici. parlare dell’album ′′ Peace For Earth ′′ di Enrico Ghelardi Shanti Project (etichetta: AlfaMusic; distribuzione Benelux: Xango Music).

Recensione: http://bit.ly/30fiQsx
CD: https://bit.ly/3tMolML

Arnulf Den Boesterd

Enrico Ghelardi Shanti Project

ENRICO GHELARDI SHANTI PROJECT
Peace For Earth (Alfa Music/Egea)
Voto: 8/9

È il nuovo Tony Scott del jazz italiano il sassofonista, flautista e clarinettista pisano, ma romano di adozione. Insegnante di yoga e appassionato di spiritualità orientale, giunge al suo ottavo esito da leader e il secondo in quartetto con il “progetto serena imperturbabilità”, dopo un inizio legato alla temperie bebop e un’evoluzione che ha tenuto conto proprio degli album per la meditazione zen, yoga e astrale del clarinettista del New Jersey, morto a Roma nel 2007.
Il risultato è di alto livello, più lo si ascolta più si colgono sfumature e richiami di un jazz “senza confini”, sia nei momenti più intimi e densi di pathos, sia in quelli più multicolori e propulsivi, più ritmati e accelerati. L’interazione con i partner Pierpaolo Principato al pianoforte, Stefano Cantarano al basso e Massimiliano De Lucia alla batteria, funziona alla meraviglia e produce un jazz moderno, post-hard bop, in cui si sentono i sapori d’Oriente e di folk, l’intensità di ballad interiori e la vitalità delle impressioni illustrate, fino all’amore per l’India della “festa delle luci” Diwali, duttile e illuminante chiusa. “A me piace pensare alla mia musica – scrive Ghelardi – come a un fiore che apre i suoi petali verso l’alto, nutrendosi della luce che dall’alto scende, e inviando verso il cielo la propria vibrazione, come fosse una preghiera.” E spesso l’ascoltatore vive questa sensazione.

spettakolo.it

Enrico Ghelardi Shanti Project, PEACE FOR EARTH, AlfaMusic 2020

Un titolo così non può non coinvolgere ogni nostro sentimento e non possiamo non condividerne il senso profondo: Peace for Earth, un messaggio universale dell’Enrico Ghelardi Shanti Project, un album d’ispirazione jazzistica che personalmente mi conduce ai sogni lontani del John Coltrane di A Love Supreme, almeno come prima suggestione.

Shanti, parola sanscrita che indica uno stato di assoluta pace interiore e di serena imperturbabilità, equilibrio, moderazione, serenità nel Qui e Ora. Letto il booklet, meditate le sentite parole del Ghelardi per le quali non possiamo che riflettere sulla situazione attuale di un pianeta in cerca di autodistruzione ovvero di annichilimento di fronte ai morsi da squalo delle ignobili potenze planetarie, udito il richiamo delle conversazioni musicali di un Quartetto il cui groove gravita intorno agli assoli ricchi d’immaginazione del Nostro al sax soprano, flauto e clarinetto basso, ci lasciamo andare ad atmosfere intime, a figurazioni meditative dense di Pathos e di diversi iridescenti colori dell’anima acuiti dai passaggi eleganti di Pierpaolo Principato al pianoforte e dalla ritmica di Stefano Cantarano al basso e Massimiliano De Lucia alla batteria, in otto composizioni originali che, rapidamente, diremo Hard Bop, semmai il segno di genere possa essere sufficiente a definire una performance così aperta.

Un simile album assume un significato che va oltre le Note, quel senso che esiste nella condivisione musicale, nell’interplay, come si dice tecnicamente, fra quattro protagonisti e nessuno avanti all’altro, pur tenendo conto del diverso ruolo che ogni strumento per natura assume all’interno di qualunque performance: e, scusate se insisto, in questo c’è qualcosa di profondamente spirituale, c’è la negazione dell’ egotismo, di quell’ estatica contemplazione di sé che a mio avviso è il limite (umano dunque artistico) di dischi ritenuti storici che, una volta ascoltati e magari goduti, lasciano un retrogusto d’ incompletezza, un vuoto (artistico dunque umano) che in fondo sa di narcisismo, di estremo, inutile e noioso autocompiacimento.

Peace for Earth mi porta a queste deduzioni, rafforzate dalle bellissime stordenti e trascendentali sonorità jazzistiche di Shakti Dance(Shakti nell’Induismo è il potere di un dio di dare luogo al mondo fenomenico, l’Energia divina personificata), appunto l’interplay e l’antinarcisismo, come la forza lieve e totalizzante di Offering, come l’alito impressionistico pieno d’amore della ballad Silent Song, come nel potente mantra Om Namah (formula sacra sanscrita di congiungimento al dio), nell’immateriale canto di gioia di The Call, nello stato introspettivo di Pranam (il delicato saluto nel chinarsi in avanti), nella volatile conversazione dei fiati di Enrico Ghelardi in Peace for Earth, nelle duttili armonie di Diwali (la vittoria del bene sul male nella “festa delle luci”, una delle più importanti celebrazioni indiane), messaggio benaugurante giustamente posto in conclusione di un moto spirituale altissimo, una preghiera dalle sfere profonde dello Spirito.

L’amore è il significato ultimo di tutto quello che ci circonda. Non è solo una sensazione, è la verità, è la gioia che è la fonte di tutta la creazione (Rabindranath Tagore).

Fabrizio Ciccarelli

ENRICO GHELARDI bass clarinet, soprano sax, flute, bass recorder, composition & arrangement

PIERPAOLO PRINCIPATO piano

STEFANO CANTARANO  bass

MASSIMILIANO DE LUCIA drums, percussions

Production coordination Fabrizio Salvatore

  1. SHAKTI DANCE
  2. OFFERING
  3. SILENT SONG
  4. OM NAMAH
  5. THE CALL
  6. PRANAM
  7. PEACE FOR EARTH
  8. DIWALI

qui l’intero album:

https://www.youtube.com/watch?v=bN2YhRalXAQ&list=OLAK5uy_mEuLR5gdr9QOvmRsEPamrs2_ZJJ85vAbI&index=1

Quale aggiunta e completamento volentieri pubblichiamo le riflessioni di Enrico Ghelardi, che ringraziamo per la sua attenzione nei confronti dell’articolo:

« Per molti anni la mia vita ha percorso sentieri paralleli, quello del jazz e quello della pratica spirituale e della meditazione. Da un sentiero si poteva talvolta scorgere l’altro, ma da alcuni anni i due sentieri si sono finalmente intrecciati e sovrapposti, con la naturalezza e la spontaneità con cui avvengono alcuni incontri quando il tempo è maturo.

La musica dello Shanti Project si propone di parlare al nostro cuore, e di far risuonare in noi le corde della gentilezza, della gioia, della pace interiore – senza la quale non può esistere pace attorno a noi –  dell’amore per tutto ciò che ci circonda, per noi stessi, per gli altri, per un Divino che ognuno può declinare in accordo con il proprio cuore. Un amore che dovremmo nutrire anche per Madre Terra che ci accoglie e ci sostiene, con le sue meravigliose foreste, gli insondabili oceani, le infinite creature animali e vegetali che arricchiscono questo bellissimo e prezioso pianeta; un pianeta che nella nostra miopia e ignoranza noi distruggiamo e avveleniamo, senza renderci conto che, così facendo, avveleniamo e distruggiamo noi stessi.

L’incontro tra musica e spiritualità non è nuovo nel jazz. John Coltrane ne è uno degli inarrivabili protagonisti, la cui eredità spirituale è stata portata avanti, tra gli altri, dalla moglie Alice Coltrane, da Pharoah Sanders, da Don Cherry. Tutti musicisti la cui spiritualità affondava in lontane radici africane, e si nutriva degli stilemi del free jazz, riflettendosi in una musica densa, a tratti convulsa e torrenziale.

Le atmosfere della musica classica indiana sono prodotte dallo stesso anelito verso lo Spirito e l’Infinito, ma esprimono una spiritualità più pacificata, meditativa, a tratti interiorizzata. In queste atmosfere io cerco il mio riferimento, non tanto rispetto alle scale usate o alla complessità ritmica e metrica, ma soprattutto riguardo alla motivazione del far musica ed al suo senso: trascendere il proprio piccolo ed ingombrante ego per celebrare non il proprio narcisismo ma la bellezza del Creato, usando i suoni come preghiere, per far risplendere sulla terra un po’ della luce che scende dall’alto e che tutti noi possiamo riflettere attorno.

Magari quello che possiamo sentire e trasmettere è solo una goccia d’amore, ma, come sappiamo, anche l’oceano è fatto di gocce.

Enrico “Eakadev” Ghelardi »

Roma in Jazz

Enrico Ghelardi (Pisa, 1954) was niet onmiddellijk bijzonder geïnteresseerd in de muziek, hij blies wel eens op een saxofoon maar de studie aan de middelbare school en daarna een studie rechten gingen voor. Na een driejarige carrière in het bankwezen besloot hij tot een radicale wijziging in zijn bestaan, hij ging zich volledig aan de muziek wijden en vertrok naar Rome. Hier behaalde hij zijn diploma voor de klarinet en later die van jazzmuziek. Inmiddels speelt hij in diverse bands en big bands met musici als Bruno Tommaso, Paolo Damiani, Max de Lucia e.v.a. Naast zijn muzikale activiteit krijgt zijn belangstelling voor Oosterse spiritualiteit steeds meer vorm, hij volgt een boeddhistische studie en later maakte hij kennis met de yoga filosofie, met name die van de grote meester Paramahansa Yogamanda. In 2007 behaalde hij het diploma van yogaleraar. Hij schreef verschillende boeken over de Oosterse spiritualiteit en yoga en ook over de rol die muziek hierbij kan spelen.

“Peace for Earth” is het 8ste album dat Ghelardi uitbrengt onder zijn naam, hij is hier te horen op de basklarinet, sopraansax, fluit en basblokfluit, de rest van het gezelschap bestaat uit Pierpaolo Principato op piano, Stefano Cantarano op contrabas en Massimiliano de Lucia op drums en percussie. Alle nummers zijn gecomponeerd en gearrangeerd door Enrico. Shanti is een Hindoestaanse meisjesnaam en betekent vrede. “Ik schreef “Peace for Earth”, het nummer dat de titel geeft aan de cd, een aanroeping van vrede voor moeder Aarde, voordat de pandemie uitbrak, maar het lot wilde dat de cd uitkwam in tijden van corona-virus, in zo’n bepaalde periode voor de hele mensheid, een periode waarin een donker kwaad reist, als een onzichtbare golf, de hele planeet, het veroorzaken van lijden en rouw en het achterlaten van een spoor van economische ruïnes.“ aldus Enrico in het cd boekje, het gaat nog verder over het milieu, de overconsumptie , het vernietigen van het eco-systeem etc. Mocht hetgeen ik aangehaald heb een beetje chaotisch overkomen dan is dat te wijten aan het vertaalprogramma op mijn pc want alle teksten zijn alleen aanwezig in het Italiaans. Mijn inziens niet handig als je de cd ook buiten Italië aan de man wilt brengen.

Het eerste nummer is getiteld “Shakti Dance” dit is een onderdeel van de yoga leer. Het betreft hier dan ook nogal spirituele muziek met een lang intro op de fluit, maar bij de entree van bas, drums en piano verdwijnt het Indiase sfeertje en hebben we te maken met pure jazz met Enrico die schittert op de basklarinet. Titels als “Offering”, ”Om Nama”, “Pranam”, “Diwali” verwijzen naar mantra’s, hindoeïsme en andere Oosterse zaken, maar de muziek is gelukkig verstoken van enigerlei vorm van zweverigheid. Een nummer als “Pranam” heeft een serene uitstraling maar dat heeft grotendeels met de opbouw van de compositie te maken en met het virtuoze spel dat Enrico ten toon spreidt op de basklarinet. Het prachtige sfeervolle titelnummer “Peace for Earth” heeft vooral in de openingsfase verdacht veel weg van “Trois Gymnopédies” van Erik Satie, vooral bekend door de uitvoering van Blood, Sweat and Tears. Het album eindigt met “Diwali”, een van de belangrijkste feesten in het hindoeïsme, afgeleid van het sanskriet dipavali, oftewel een rij lichtjes. Het is een lichtvoetig nummer, ingeleid door een solo op de contrabas waarna de rest van de groep zich inzet voor het trippelende thema aangevoerd door de klarinet van Enrico. Een fraaie epiloog van een zeer geslaagd album van fantastische muzikanten die mij nog niet bekend waren, een rijke jazzwereld, die van Italië.

Jan van Leersum

 

https://rootstime.be/

Enrico Ghelardi Shanti Project

OM NAMAHA

  1. D’altro Canto 8:29
  2. Devotion 8:14
  3. Soul Waltz 8:28
  4. Deeply 9:02
  5. Lila 7:07
  6. Gurudeva Namaste 8:03
  7. Om Hari Om 7:30
  8. Surrenderm 10:47

Enrico Ghelardi

TRIOLOGY

(feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia)

1 The Night Has a Thousand Eyes (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 7:40
2 Alone Together (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 7:27
3 Dhatri (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 7:20
4 Speack Low (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 6:51
5 Whisper Not (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 5:52
6 Blue Waltz (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 6:08
7 Straight Way (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 5:31
8 This I Dig of You (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 4:30
9 I Remember You (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 6:08

Enrico Ghelardi Boptet

That’s time!

1 The Night Has a Thousand Eyes (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 7:40
2 Alone Together (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 7:27
3 Dhatri (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 7:20
4 Speack Low (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 6:51
5 Whisper Not (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 5:52
6 Blue Waltz (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 6:08
7 Straight Way (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 5:31
8 This I Dig of You (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 4:30
9 I Remember You (feat. Vincenzo Lucarelli, Massimiliano De Lucia) 6:08

Aggiunge un altro tassello al puzzle discografico di Enrico Ghelardi, un altro fiore ad arricchire quel grande prato multicolore  che è il mondo musicale, parafrasando le sue parole.
I nove brani scorrono uno dopo l’altro, come inseguendosi, senza incidere cesure nette ma, al contrario, conferendo al tutto grande unitarietà e riassumendo con chiarezza il modo di comporre, di suonare, di concepire il jazz del nostro compositore, dedito al sax baritono ma anche pronto a misurarsi in modo invidiabilmente disinvolto con il clarinetto basso, il sax tenore e il sax soprano.
Anche in questa nuova avventura sonora, il Maestro è affiancato dal pirotecnico Massimo Pirone (trombone e basso tuba), Pierpaolo Principato (piano), da Stefano Cantarano (contrabbasso) e da Massimiliano De Lucia (batteria).
Ognuno dei musicisti contribuisce con il proprio gusto e la propria bravura, a dar vita ad un’efficace incontro di melodie, di suoni, di ritmi, confezionando un prodotto senz’altro convincente, in grado altresì di suscitare in chi ascolta le più svariate emozioni. Ghelardi, coerente come sempre al suo modo di pensare, strizza l’occhio ancora una volta alla tradizione: è indubbio che ascoltando alcune tracce del CD giungono alle orecchie i suoni e le atmosfere coinvolgenti dei maestri cool  del passato; ma l’insegnamento appreso dai grandi del genere non si traduce mai in una mera, sterile imitazione, bensì in una rivisitazione creativa e personale.
Mi piace citare ancora le parole belle, vere, del nostro: That’s time! Questo è allora il tempo, il tempo per me, di giocare con i suoni in modo sincero e spontaneo, di cercare una musica che sia fonte di piacere per chi l’ascolta.
Enrico Ghelardi, con l’umiltà che lo contraddistingue e che è la virtù dei grandi, ha centrato in pieno il suo obiettivo; That’s time! è un disco che chiede di essere ascoltato, proprio perché è senz’altro fonte di piacere per chi suona ma molto di più per chi ascolta!  

Paola Ingletti

Enrico Ghelardi Boptet

Like the wind

Enrico Ghelardi sassofono baritono/soprano
Massimo Pirone trombone
Pierpaolo Principato pianoforte
Stefano Cantarano contrabbasso
Massimiliano De Lucia batteria
  1. Smoothly 7:11
  2. Like the wind 6:50
  3. Bossanology 6:48
  4. I’ve grown accustomed to her face 6:51
  5. Straight way 5:58
  6. Modus in rebus 6:54
  7. Nocturne 6:15
  8. Les fleurs du bien 7:23
  9. I remember you 7:04 

Like the wind: come il vento la musica ora accarezza ora rilassa, ora incalza ed eccita. Come il vento non sappiamo da dove viene; il vento non ha passato né presente, sempre uguale e allo stesso tempo sempre diverso.  
Il vento di oggi è quello di ieri, o è altro? La natura non divide tra ieri e oggi, non separa tra passato e presente. Tutto si rinnova e nello stesso tempo si ripropone uguale a se stesso. Gli uomini invece amano le contrapposizioni: nell’arte il nuovo è contrapposto al vecchio, al già esistente. Nella musica, in ogni genere, i fautori della ricerca, della sperimentazione considerano le forme classiche come anacronistiche e prive di interesse, mentre i cultori del classico negano ogni legittimità e valore alle nuove forme.  
Gli uomini non riescono a concepire il nuovo se non come sostituzione del vecchio. Non pensano in termini di aggiunta, di affiancamento, ma di sostituzione. Nella natura, invece, i fiori che crescono nel prato si affiancano a quelli che già esistono; non pretendono di sostituirli, ma di affiancarsi ad essi, per arricchire ulteriormente il prato, e accrescere la bellezza a disposizione dell’uomo.
Non esiste musica vecchia  e musica nuova. Che cosa è nuovo? Emozioni come l’amore e la gioia sono sempre nuove, eppure sono sempre le stesse. E la musica da tali emozioni può muovere, tali emozioni può stimolare.  

Non è allora importante che il linguaggio artistico sia ancorato alla tradizione o sia più o meno innovativo. La cosa importante è che abbia la capacità di esprimere e suscitare emozioni, così antiche eppure così nuove. Nuove e antiche come il vento, che all’improvviso arriva ad accarezzarci la testa.

Enrico Ghelardi

Enrico Ghelardi

My jazzin’ soul

Enrico Ghelardi sax soprano, baritono
Giambattista Gioia flicorno
Feliciano Zacchia piano
Stefano Cantarano contrabbasso
Carlo Battisti batteria 
  1. Blue Waltz 7:05
  2. Dory’s Days 8:03
  3. Silent Song 6:39
  4. Daahoud 5:10
  5. Secret Lord 6:53
  6. Miss Marghy 6:35
  7. Cheiro de Amor 8:17
  8. In Your Eyes 8:45
  9. Minority 7:40
  10. Semplice mente 8:30

Dietro ogni atto creativo, come dietro ad ogni nostro agire, c’è una motivazione, e questa è importante perché si riflette coscientemente o inconsapevolmente nell’atto stesso.  
Si può comporre, suonare e registrare musica per vari motivi, per farsi pubblicità, per far vedere quanto si è bravi, per far soldi (ma allora è meglio lasciar perdere il jazz…) e per varie altre motivazioni, tutte lecite, ma quasi sempre legate al nostro piccolo-grande ego, alla sua esigenza di imporsi all’attenzione degli altri e ottenere qualcosa.  
Non sta a me giudicare il risultato di questo lavoro, ma per quanto riguarda la mia motivazione, questa consiste semplice-mente nel voler essere un dono, un offerta al benessere ed alla armonia del mondo, un dare più che un pretendere. Vuole essere una piccola goccia felice di andare nel mare della gioia, della bellezza e della creatività, un mare che di un numero infinito di piccole gocce formato.  
È un soffio nel vento, una scintilla in una ben più grande fiamma. È un attimo, ma vissuto con amore e abbandono a quella Luce interiore, quel Secret Lord, che è in ognuno di noi.  
Solo questo è importante: cercare sincerità e purezza di intenzioni; il resto può venire ma non sta a noi cercarlo.  
In tale abbandono la mia anima ha incontrato il jazz, lo ha scelto come veicolo di espressione, ne ha cercato il linguaggio e la pulsazione, con la gioia di aggiungere una piccola voce ad un grande coro.  

Enrico Ghelardi

Grazie!

Un ringraziamento speciale a Gianbattista, Feliciano, Stefano e Carlo, i musicisti che con il loro grande talento hanno così tanto contribuito al risultato.
Un sincero grazie anche a Roberto Mancini, Adriano Pira e Roberto Martinelli per il loro prezioso aiuto.

Enrico Ghelardi

The cool is hot

Enrico Ghelardi soprano, baritone sax  
Giambattista Gioia flugelhorn  
Leonardo Borghi piano  
Steve Cantarano double bass  
Peppe Giampietro drums 
  1. That’s all 6:26
  2. Bluesing 6:10
  3. The way You look tonight 6:06
  4. Bruna 6:56
  5. Don’t worry 6:07
  6. Night drive 6:09
  7. Deja vu 5:21
  8. Lonely star 6:30
  9. Four brothers 4:30

Per qualche tempo, non molto in verità, quel fantastico jazz definito allora cool venne ritenuto freddo, addirittura gelido…Ben presto, però,..la sua pretesa freddezza si dissolse rivelando un’anima piena di calore e di una carica innovativa che si sarebbe rivelata fondamentale per l’evoluzione del jazz. The Cool is Hot riassume questa verità storica per l’atmosfera che Ghelardi ha saputo, con valido aiuto dei suoi partners, creare. E. Ghelardi giunge a proposito ad infoltire la sparuta schiera dei baritoni che, in verità, neppure negli Stati Uniti ha avuto una gran rappresentanza. Il suo stile, sicuramente originale, evoca rimembranze illustri – Charloff, Gordon, Mulligan, Gullin – musicisti che evidentemente ama e che sicuramente ha attentamente ascoltato e studiato, ma non copiato; buona la tecnica e suadente la voce In questo disco presenta sei composizioni a sua firma assai godibili, in particolare Bruna , che lo propongono anche quale compositore, mentre i tre standard – bellissimo Four Brothers – mettono in risalto le sue capacità di arrangiatore mostrando così tutte le sfaccettature di un’interessantissima personalità artistica.

Roberto Capasso

Enrico Ghelardi

Lost Love

Enrico Ghelardi soprano, baritone sax  
Giovanni Ceccarelli piano  
Valerio Serangeli double bass  
Peppe Giampietro drums  
Paolo Tombolesi piano (on 4, 5, 9, 10) 
  1. Call me again (Enrico Ghelardi) 6′ 05”
  2. The lady is a tramp (Rogers – Hart) 6′ 25”
  3. Lost love (Enrico Ghelardi) 7′ 25”
  4. Just friends (Kleener – Lewis) 6′ 07”
  5. Sorry I’m late (Enrico Ghelardi) 5′ 27”
  6. I’ve grown a customed to her face (Lerner – Loewe) 7′ 43”
  7. Speak low (Well – Nash) 7′ 25”
  8. Samba di un amor (Enrico Ghelardi) 7′ 20”
  9. Immagination (Van Heusen – Burke) 8′ 14”
  10. Bernie’s tune (Bernie Miller) 5′ 04”  

Dischi come Lost Love del baritonista pisano Enrico Ghelardi, trapiantato a Roma da molti anni, costituiscono un significativo esempio di come si possa proporre del jazz di alta qualità senza stravolgere quelli che sono i canoni fondamentali che distinguono il jazz da tutte le altre forme musicali, canoni che – piaccia o no – sono prettamente statunitensi. E questo superbo disco sembra in tutto e per tutto un disco americano, nel senso che Ghelardi e i suoi colleghi, lungi dal tentare le solite temerarie e fallimentari fusioni con musiche della tradizione regionale italiana, che generano fatalmente degli ibridi penosi e risibili, hanno realizzato un prodotto emblematicamente jazzistico.
Qui di ibrido non c’è proprio nulla: ci sono al contrario una fertile vena compositiva nei brani originali, un gusto sopraffino nell’interpretazione degli standard, una schietta creatività nell’improvvisazione, un non comune senso del blues, perfettamente assimilato, misura, buon gusto, classe e soprattutto swing a iosa.
E’ così che si deve suonare il jazz: con umiltà, passione, professionalità e grande maestria tecnica. qualità che i membri di questo quartetto possiedono largamente.   
Come baritonista, Ghelardi palesa un suono robusto ed incisivo che sembra ispirato soprattutto a Serge Chaloff e a Bob Gordon, con accentuate suggestioni di Gerry Mulligan e di Lars Gullin. Ma, al di là dell’inevitabile e doveroso debito verso le fonti, Ghelardi si dimostra solista originale e creativo. La sezione ritmica fornisce un supporto di livello molto alto a partire dai due pianisti, assai diversi fra loro, ma di pari efficacia: ho molto apprezzato sia la straordinaria solidità e il non comune gusto di Giovanni Ceccarelli che lo scintillio tecnico e il virtuosismo mai gratuito di Paolo Tombolesi. Ottimo il sostegno garantito dal contrabbassista Valerio Serangeli, ispirato anche come solista, e dal batterista Peppe Giampietro, fine e misurato, il quale usa con sapienza le spazzole, oggi troppo spesso neglette da tanti suoi colleghi.   
Tra i brani originali, tutti di altissima caratura, ho una spicata predilezione per la struggente ballad Lost Love, per il vivace Call me again e per lo spumeggiante Sorry, I’m late. Tra le rivisitazioni di classici, sempre personali ed equilibrate, ho molto apprezzato il delizioso I’ve grown accostumed to her face, l’intenso Imagination e gli swinganti The Lady is a tramp e Speak low, indipendenti dalle celebri versioni di Mulligan, al quale è dedicato un omaggio tutt’altro che scontato nella briosa rivisitazione di Bernie’s tune.   
Un disco di elevatissimo profilo, quindi, jazzistico a tutto tondo, quale da troppo tempo non sentivo, e che ad ogni ascolto suscita nuove e sempre più positive emozioni.

Antonio Lanza (Università La Sapienza, Roma)

ENRICO GHELARDI

Il suono dell’anima

Spirito e materia, anima e corpo,
con accompagnamento di sax

Alla luce dei grandi insegnamenti della spiritualità orientale possiamo riflettere sul senso della nostra vita, sulla direzione del nostro percorso evolutivo, sui meccanismi della nostra mente, sulla presenza, o assenza, dell’Anima nella nostra quotidianità.
Possiamo anche riflettere sul ruolo che in questo universo di vibrazione energetica può avere la musica, su quanto e come essa possa contribuire al nostro progresso spirituale.
Facciamo un breve viaggio tra le vibrazioni dell’Anima e quelle dei suoni per raggiungere una maggiore consapevolezza e gioia interiore.